Il design italiano inizia con La dolce vita

Lorenzo Ottone

Dalle architetture d’autore alla Pop Art, i film con Marcello Mastroianni sono un modo per ripercorrere l’evoluzione dello stile e del design italiano negli anni d’oro di Cinecittà.

Marcello Mastroianni è stato uno dei volti simbolo di una stagione eccezionale del cinema italiano che ha anche corrisposto con l’apice dell’architettura e del design nazionale. Se tra gli anni ‘50 e ‘70 architetti, artisti e designer erano, prima di tutto, intellettuali si può affermare lo stesso dei registi che in quei decenni dirigono Marcello: Federico Fellini, Pietro Germi, Marco Ferreri, Michelangelo Antonioni.

I film con Mastroianni possono dunque essere gustati (e riletti) da una prospettiva meno convenzionale, ovvero quella artistica e progettuale slegata dalla sola cinematografia. Ne viene restituita una mappatura del più ampio stile italiano dell’epoca, che passa per ville, interni, automobili e anche costumi.

In occasione del centenario dalla nascita dell’attore, CAM Sugar lo festeggia con una serie di iniziative, tra cui la playlist Mastroianni 100 ed un approfondimento del suo legame con il design. Perchè, dopotutto, il design e l’Italia cambiano volto a partire da La dolce vita.

Architettura

La dolce vita di Fellini è il film che trasforma Mastroianni da attore di buone speranze a divo internazionale, ma sono i film degli anni immediatamente successivi a farlo scoprire anche come volto del cinema d’essai. Michelangelo Antonioni lo sceglie al fianco di Jeanne Moreau e della sua musa Monica Vitti per La notte (1961). In tutto il film l’alienazione che il regista cerca di rappresentare è corrisposta e incarnata dall’edilizia modernista del boom economico milanese. Il contrasto tra i grattacieli e la campagna che essi pian piano erodono è esaltata dal bianco e nero e dalla colonna sonora jazz di Giorgio Gaslini.

Due sono le architetture d’autore che Antonioni sceglie tra le molte del film. La prima, la Torre Galfa di Melchiorre Bega (1956-1959), ovvero la clinica in cui è ricoverato Tommaso Garani (Bernhard Wicki), è una delle architetture più iconiche della rinascita economica milanese, insieme al Pirellone, alla Torre Breda ed alla Velasca. La seconda è il Barlassina Country Club, progettata in Brianza da Luigi Vietti e, a differenza della Torre Galfa, elevatasi ad edificio cult proprio in virtù della pellicola. È qui che si consuma l’enigmatico incontro tra Giovanni (Mastroianni) e Valentina (Vitti), una scena che sembra essere stata più di un’ispirazione per la festa sulla terrazza romana diretta da Paolo Sorrentino ne La grande bellezza.

Due luoghi in contrasto netto con l’estetica decadente scelta da Fellini per La dolce vita e che sottolineano la differenza non solo tra le cifre stilistiche dei due registi, ma soprattutto tra due città: la stanca capitale politica con la sua Via Veneto e gli eccessi della Hollywood sul Tevere, e la capitale morale d’Italia, dinamica, febbrile ma alienata. 

L’architettura come elemento di sospensione e alienazione modernista torna però pochi anni dopo in un altro classico di Fellini-Mastroianni: 8 ½. Le terme di Chianciano sono deputate per rappresentare questa sensazione, diventando anche teatro del celebre ballo tra Gloria Morin (Barbara Steele) e Mario Mezzabotta (Mario Pisu) che ispirò quello di John Travolta e Uma Thurman in Pulp Fiction. Qui, nel Parco dell’Acquasanta, tra le molte sale e saloni dedicate alle attività termali c’è quella progettata nel 1952 da Pier Luigi Nervi, una delle opere più celebri dell’architetto che fu anche collaboratore di Le Corbusier e che lavorò insieme a Gio Ponti sul progetto del Pirellone. La cifra nerviana emerge nella leggerezza del soffitto traforato con motivo a losanga che sormonta la pianta centrale della sala, in cui ampie vetrate creano un’armoniosa soluzione di continuità tra l’interno e il verde circostante.

Interni

Nel 1965 sono passati appena 4 anni da La notte, e Pietro Germi immagina il suo futuro distopico in una Roma fantascientifica in cui anche gli alberi sono verniciati di bianco e le architetture razionaliste dell’EUR ospitano il luogo dell’incontro-scontro tra Marcello Mastroianni e Ursula Andress. La sintesi della visione Space Age del mondo dell’arte e del design italiano del tempo trova una sintesi straordinaria e memorabile nell’appartamento di Mastroianni e della moglie (Elsa Martinelli). Un loft che gioca sulla bicromia optical del bianco-nero e in cui domina una resa scultorea e meccanica dell’opera Look! (1964) di Joe Tilson, tra i principali esponenti della Pop Art inglese: un occhio inquadrato in una montatura spessa – che tanto ricorda quella del Mastroianni di 8 ½.

Design del prodotto

Mastroianni non era soltanto la proiezione di Federico Fellini sui set dei film. L’affinità tra i due si espletava anche nell’amore per un modello d’auto, la Lancia Flaminia. 

Disegnata nel 1956, la vettura rappresentava la nuova ammiraglia di rappresentanza italiana, adottata dalla classe dirigente del boom economico. Il prototipo, la Lancia Florida, era nato dalla vulcanica matita di Pininfarina, carrozziere tra i più apprezzati del periodo, nonché uno di quelli con maggiore visione da designer. La sua Florida, poi evolutasi in Flaminia, segna infatti una svolta epocale nel modo di intendere la forma dell’automobile nel decennio a seguire. 

Non è un caso che Mastroianni, refrattario nei confronti del peso istituzionale della Flaminia berlina, acquista la versione coupé carrozzata Pininfarina. Per non farsi mancare nulla, nel giro di pochi anni fa sue anche la Flaminia GT carrozzata Touring e la Flaminia Sport di un’altra leggendaria carrozzeria, la Zagato. Mastroianni, sornione e abitudinario, acquista tutte le sue vetture dal concessionario lancia Parioli a Roma.

Il mezzo viene addirittura guidato da Guido Anselmi, la proiezione di Fellini interpretata da Mastroianni sul set di 8 ½, dove l’auto incarna la maturità economica e l’affermazione sociale del regista che pur essendo un uomo arrivato nei suoi beni di consumo vive una profonda crisi esistenziale. 

Protagonista del parco auto de La dolce vita, tra Alfa Romeo e la Ford Thunderbird, è la Triumph TR3 su cui Mastroianni scorrazza per tutto il film e che finirà per acquistare dopo le riprese.

Sempre dall’incontro tra design e mezzi di locomozione proviene un altro classico del design ascrivibile a Marcello, i Persol 714. Il modello di occhiali da sole amati da Pietro Germi e indossati dall’attore sul set del suo film Divorzio all’italiana furono originariamente progettati dall’azienda di occhiali come accessorio per agevolare la guida dei tranvieri di Torino. Chi si sarebbe immaginato che la montatura avrebbe invece trovato una nuova (e ben più longeva vita) grazie al cinema e agli endorsement, oltre che di Mastroianni, anche di Steve McQueen che contribuì a trasformare gli occhiali in vere e proprie icone atemporali del design italiano.

Arte

Nella prima metà ‘60, periodo di grande fervore e successo per Mastroianni, l’attore collabora anche con l’istrionico Marco Ferreri al film L’uomo dei cinque palloni (1965), un film dai tratti assurdi in cui l’industriale del cioccolato Mario Fuggetta (Mastroianni) si ossessiona con i limiti a cui può spingere la gonfiatura dei palloncini, dopo averne rinvenuto uno in strada.

Il palloncino ha incredibili somiglianze con l’opera Corpo d’aria (1959-1960) di Piero Manzoni: un kit in 45 copie vendute a 30.000 Lire con palloncino (sgonfio), treppiede e bochino da utilizzarsi per creare un’installazione. L’opera suscitò non poche perplessità all’epoca della sua presentazione insieme ad altri guizzi creativi di Manzoni, come la celebre Merda d’artista e la serie di Linee.

Oltre tutte queste creazioni, la più grande invenzione resta però La Dolce Vita, non come film ma come più ampio concetto di uno stile di vita quintessenzialmente italiano. La Dolce Vita come progetto di attitudine alla vita, come suggerito dalle battute e dagli abiti di Marcello Mastroianni, dal suo osservare il mondo che scorre dal tavolino di un bar, reclinato contro il bancone di un night club, o al volante di un’automobile decappottabile nella notte romana; come suggerisce anche la teatrale giocosità delle musiche di Nino Rota.

Immagine di apertura: Marcello Mastroianni, Federico Fellini e altri membri del cast de la dolce vita si rilassano al bar durante le riprese del film.