Sbagliato, please
L’artista americano Russ Pope racconta la colonna sonora delle sue opere e ci accompagna tra i luoghi del cuore di Milano.
Nato a Los Angeles nel 1970 e cresciuto nelle scene skateboard e punk californiane, dove ha iniziato a disegnare, Russ Pope è un artista e illustratore che non ha mai nascosto il suo amore per la musica e per tutto ciò che definisce uno stile di vita hip, dai vestiti alle auto d’epoca passando per gli interni di design.
L’arte di Pope attinge dall’ambiente sociale e politico che lo circonda e, con la sua attenzione ai soggetti umani e ai dettagli, lo rende un attento osservatore del quotidiano. Il suo occhio (e la sua matita) si districano tra i passanti, i caffè, i chioschi delle edicole e le auto parcheggiate per trovare, nella giungla del paesaggio urbano contemporaneo, tracce di un mondo apparentemente passato che ancora pulsa.
Trasferitosi nel New Hampshire, dove attualmente vive e lavora, l’eredità Ivy League dello Stato sembra aver smussato gli spigoli californiani del lavoro di Pope, dando vita a uno stile unico, in costante equilibrio tra classe retrò e dinamismo contemporaneo. La stessa essenza che si può rintracciare nei soggetti dei suoi disegni e delle sue tele. Figure dai movimenti cadenzati come le percussioni Latin jazz di Cal Tjader, ma al tempo stesso magnetici come le barre di MF Doom su loop di un sample. Ne consegue che davanti agli sketch di Pope si finisca spesso per domandarsi in quale epoca siano ambientate le opere.
I suoi tratti audaci e umoristici sono arrivati a definire uno stile immediatamente riconoscibile. Uno stile che ricorda le illustrazioni mid-century del New Yorker, ma che è al tempo stesso definito da una sorprendente attualità che lo rende più rilevante (e condivisibile) che mai anche sui feed social. Qualcosa che sembra collegare l’arte di Russ all’essenza del Bar Basso, il locale milanese a cui l’americano ha associato il suo nome. Back to Bar Basso è infatti il titolo della mostra in cui lo scorso anno Pope ha esposto i suoi schizzi milanesi concepiti ai tavolini dello storico bar aperto negli anni Sessanta.
Proprio come il suo negroni sbagliato, nato da un errore ed impostosi nel tempo come un classico, anche l’arte di Russ Pope può essere letta come un’ode all’imperfezione, con i suoi tratti veloci che invitano a ripensare Milano – anche nelle sue parti più turistiche – da una nuova prospettiva.
Pope è recentemente tornato in città con la mostra Love Letters to Milan in collaborazione con Type 7 presso Antonio Colombo Arte Contemporanea. Lo abbiamo incontrato per parlare della colonna sonora della sua arte e dei suoi luoghi preferiti in città.
CAM Sugar: Le tue opere sono molto apprezzate per i loro dettagli sul lifestyle, tra cui abbigliamento, auto e pezzi di design…
Russ Pope: Mi piace fare un po’ di reportage, o condividere le cose che vedo e che includono tutti questi soggetti. Le persone e ciò che scelgono di indossare sono sempre interessanti da immortalare. E così lo sono anche le auto, le moto, gli skateboard e le biciclette.
CS: Come trai ispirazione dal mondo che ti circonda e come nascono le opere?
RS: A volte faccio disegni sul posto, così come vedo le cose, dal vivo. Altre volte, quando sono a casa nel mio studio, disegno basandomi sui ricordi o anche su foto che ho scattato in un hotel o airbnb durante un viaggio. Mi ispirano molto le stranezze, le bizzarrie e la bellezza degli oggetti, sia animati che inanimati.
CS: Passi senza soluzione di continuità dai lavori editoriali alle tele. C’è un mezzo espressivo preferito per lei?
RS: Disegno sempre, è una specie di vita per immagini o un diario visivo. Di solito faccio dei dipinti che nascono dai miei disegni preferiti. Amo sia il disegno che la pittura, sono due cose distinte ma collegate.
CS: La tua arte è definita da un certo dinamismo cinematografico. Se tu fossi il regista delle tue opere, quale musica ne farebbe da colonna sonora?
RS: Oh boy, domanda difficile. Ascolto una selezione decisamente eclettica di musica. Le abbinerei al jazz più classico, come Thelonious Monk e Cal Tjader, oppure a Fela Kuti, Madlib o al Serge Gainsbourg più movimentato. A volte, però, mi trovo in uno spazio completamente diverso e mi orienterei più verso l’hip hop con MF Doom, Czarface o Black Star. Sono anche un grande fan della samba brasiliana.
CS: Milano è il soggetto di molte tue opere. Quanto è impegnativo per chi proviene da una cultura diversa immergersi nella città e rappresentarne l’iconografia?
RS: Amo Milano per il suo mix di nuovo e vecchio, di moda e design, di residenti milanesi all’avanguardia. I musei, l’architettura, il cibo e anche ascoltarela lingua italiana. È stata anche un’ottima base per fare gite in giornata ed esplorare altre parti d’Italia. Soprattutto, credo di amare il modo in cui la gente di Milano mi ha accolto e continua a ospitare, e ad interessarsi al mio lavoro. È stato facile ambientarmi, ho avuto ospiti locali meravigliosi: Antonio Colombo, Alessandra, Aloisia e tutto il team della galleria Antonio Colombo.
CS: Quali sono i tuoi luoghi imprescindibili quando passi da Milano?
RS: Il Bar Basso naturalmente, l’Orto Botanico di Brera, la Triennale, il Museo del Novecento, la galleria di Antonio [Colombo]. Mi piace anche passeggiare per i quartieri: il parco del Castello [Sforzesco] e il Cimitero Monumentale mi affascinano molto. So che è turistico, ma amo e visito sempre anche il Duomo, soprattutto con a piedi sul tetto.
Opening image: Milano, secondo Russ Pope, 2024.