La moda secondo Mastroianni
Dai cappelli agli abiti, passando inevitabilmente per gli occhiali (da vista e da sole), l’attore è stato demiurgo di uno stile unico che a 100 anni dalla nascita continua a renderlo un’inimitabile icona di stile, da Roma al mondo. In occasione della Milano Fashion Week riscopriamo il suo guardaroba.
“Un attore fa di tutto per diventare celebre e poi, quando ci riesce, si mette un paio di occhiali scuri per non farsi riconoscere.”
Questa frase di Marcello Mastroianni potrebbe riassumere l’intera attitudine alla vita dell’attore. Un divismo sempre rifuggito, schivato con eleganza e disillusione, come l’etichetta di latin lover sempre mal sopportata. Eleganza, la stessa di cui Mastroianni è stato incarnazione, da Cinecittà al mondo. Anzi, si potrebbe sostenere che, film dopo film, Mastroianni ha definito uno stilema estetico quintessenzialmente italiano ma al tempo stesso universale, immediatamente riconoscibile. Certo, Marcello non è mai stato stilista – e mai avrebbe voluto esserlo, diplomato all’istituto tecnico, figlio di un falegname e di un’impiegata di banca di Isola del Liri, Lazio. Eppure, mentre Albini a Milano e Brioni a Roma ridefinivano i canoni della sartoria maschile italiana negli anni della Hollywood sul Tevere, Mastroianni ne diventava protagonista semplicemente grazie al suo charm disinvolto. Lo faceva secondo un concetto, quello di effortlessness, oggi tanto caro alle riviste di moda e cultura maschile che lo individuano come vero segreto di ogni dandy che si rispetti.
Questo settembre, Marcello Mastroianni avrebbe compiuto 100 anni. CAM Sugar lo festeggia dedicandogli un intero mese, tra approfondimenti testuali e musicali, come la playlist Mastroianni 100, disponibile su tutte le piattaforme digitali.
Quale miglior modo di riscoprire l’attore se non attraverso la moda, l’elemento che più insieme al cinema ne mantiene vivo il mito, a distanza di decenni dalla sua scomparsa.
Mastroianni, mai enfant terrible – a differenza della sua nemesi francese Delon –, ma mai veramente invecchiato, continuamente preservato impeccabile e dandy nelle decine di pagine Instagram che quotidianamente ne celebrano lo stile. Ne ripercorriamo lo stile attraverso i film ed i cardini del suo guardaroba.
Eyewear
Non c’è immagine di Mastroianni che si rispetti in cui l’attore non indossi occhiali, siano essi da sole o da vista. Analogamente ad altre icone della settima arte (e dello stile) come Steve McQueen e i suoi Persol 714, interi modelli di occhiali sono passati alla storia in associazione al volto di Marcello. Tra questi i Persol Ratti, gli occhiali indossati dal Marcello-reporter ne La dolce vita e nominati in onore del fondatore dell’azienda, Giuseppe Ratti. Sempre della casa torinese è il modello 714 indossato in Divorzio all’italiana e originariamente disegnato per i tranvieri del capoluogo sabaudo. Indossando lo stesso modello usato sul set dall’attore, in un’intervista per la RAI il regista Pietro Germi spiega: “Probabilmente in Mastroianni ci sono delle caratteristiche italiane che interessano all’estero, un po’ stilizzate, cioè rese meno folkloristiche e più accessibili a un pubblico internazionale. Mastroianni ha [qualcosa] di abbastanza italiano ma anche universale”.
Altrettanto memorabile è il modello indossato in 8 ½ nella scena del bar delle terme, in cui il regista Guido Anselmi si dondola placido su una candida sedia da giardino. Oggetto di speculazione su forum di appassionati per anni, la montatura rimane di dubbia attribuzione, anche se molte case negli anni li hanno riproposti, tra cui Prada.
Analogo è il culto che circonda un altro paio di occhiali indossati dal nostro, quelli oversized dal gusto space age e lenti gialli de La decima vittima.
Cambiano le montature e con esse i personaggi portati in scena da Mastroianni. D’altronde l’attore è spesso proiezione sul grande schermo dei pensieri aggrovigliati di Federico Fellini, e così le montature dell’uno seguono quelle dell’altro.
Gli occhiali da vista del regista in crisi Anselmi di 8 ½ sono neri, sobri, da intellettuale dei ‘60, per poi farsi progressivamente più grandi e squadrati nei ‘70 (prima con il modello à la Yves Saint Laurent di Mordi e fuggi, 1973) e negli ‘80 (La città delle donne, 1980) come quelli indossati dallo stesso Fellini.
Anche quando non ci sono occhiali in scena, l’accessorio per la vista torna più e più volte a scandire l’icona Mastroianni, come nella benda che ne definisce i costumi in La grande abbuffata.
La sartoria
Se non si può immaginare Mastroianni senza occhiali da sole, nemmeno lo si può fare senza abito scuro. È il costumista Piero Gherardi, premio Oscar per il suo lavoro ne La dolce vita, a trasformare Marcello da attore di buone speranze in divo e incarnazione dello stile italiano. Lo fa con un abito nero, a due bottoni, simultaneamente sinonimo di una classe non lussuosa e di eleganza mondana, che si fonde con la notte in cui il reporter si lascia andare alla deriva.
Eppure a fare la storia (del cinema e del costume) è soprattutto l’abito bianco, contraltare cromatico e morale, che l’attore indossa nel criptico finale del film. Qui, inginocchiandosi sulla sabbia del litorale romano la camera da presa inquadra la camicia nera abbinata ad un foulard della stessa cromia. Un effetto ottico che da lontano suggerisce un collo alto, una dolcevita appunto; termine che nasce proprio con il capolavoro di Fellini. È questo il look con cui Mastroianni viene illustrato sugli enormi manifesti che accompagnano la presentazione del film a Cannes e contro cui si fanno ritrarre l’attore e Fellini.
Il bianco ed il nero si alternano, questa volta non con sottotesto morale ma puramente op-art, nel capolavoro sci-fi di Dino Risi La decima vittima, dove la sartoria è futuristica, sotto l’influenza della couture di Pierre Cardin.
L’abito scuro ritorna più volte nella carriera di Mastroianni, ma sarebbe ingeneroso trascurare altre soluzioni sartoriali altrettanto memorabili. Matrimonio all’italiana, per esempio, offre uno dei suoi più articolati compendi sartoriali, dall’abito grigio gessato indossato con la gardenia nell’occhiello a quello beige, tutti rigorosamente doppiopetto come comanda il dandysmo partenopeo. E soprattutto i look sportivi da gentleman driver con i guanti da guida in pelle scamosciata. E ancora, l’impermeabile double face indossato ne L’assassino, perfetto binomio con la colonna sonora jazz di Piero Piccioni, o il total black di Pret-à-Porter, film sulla fashion week parigina in cui Loren e Mastroianni si ritrovano a distanza di due decenni a condividere il set, con look anni ‘90 più attuali che mai in certe iperboli di maison come Balenciaga o Bottega Veneta.
C’è poi l’eleganza fuori dal set, laddove senza il costumista, emerge lo stile personale di Mastroianni: dal blazer bianco dai revere generosi con cui viene paparazzato appoggiato al bancone del bar dell’Hotel Carlton di Cannes ai look aeroportuali, con bucket hat bianco e pantaloni a zampa, fino alla pelliccia bianca da sbornia psichedelica.
Mastroianni, dopotutto, è così cool, da rendere il pigiama che indossa in 8 ½ un capo dalla vestibilità sartoriale.
Grooming
Lo stile Mastroianni è un gioco di equilibri, dove l’eccesso è raramente sfiorato, ma sono le parti a restituire un tutto sublime. Marcello non sarebbe Marcello senza il ciuffo, taglio per eccellenza dello stile italiano mid-century. Sopra, occasionalmente, si poggia un cappello, come il basco in I soliti ignoti a quello da cowboy voluto da Fellini insieme alla frusta per domare le concubine dell’harem di 8 ½. C’è poi il baffo, che serve ad accentuare i tratti mediterranei di Mastroianni, introdotto da Vittorio De Sica in Matrimonio all’italiana e, ulteriormente caricaturizzato da Germi nel successivo Divorzio all’Italiana, quando l’attore viene acconciato con la brillantina.
Ma c’è anche il Marcello scapigliato e operaio de Il dramma della gelosia, una delle sue interpretazioni più istrioniche al fianco di Vitti e Giannini, e ancora una volta La decima vittima. Inedito e con i capelli corti (alla Steve McQueen) e ossigenati, è il Mastroianni di un futuro mai esistito che sembra anticipare il Lou Reed punk degli anni ‘70, tendenza oggi riaffermata nello street style.
Eredità
Non è certo mistero che Mastroianni sia stato così atemporale da continuare ad influenzare il nostro costume nei settori più disparati. A partire dalla moda, dove il look anni ‘60, slim, con abito scuro e cravatta di cui Marcello è stato alfiere continua ad essere un punto di riferimento: da Gucci era Tom Ford al Céline di Hedi Slimane, passando anche per D&G che spesso ha rivisto in Mastroianni il suo ideale di uomo mediterraneo sofisticato e affascinante.
Il settore del beverage italiano ha altresì reso esplicito tributo a Marcello ed alla Dolce vita, come Martini che tra 1996 e 1997 dedica un’intera campagna alla nightlife capitolina dei primi ‘60 accompagnando la cartellonistica con il payoff La vita è un cinema, baby.
Persol si è recentemente lasciata ispirare dalle icone della settima arte per una sua campagna, come molti altri marchi – da Moscot a Cult Frames – che hanno disegnato modelli in onore dell’attore.
Fiat ha invece celebrato La dolce vita e il bagno di Marcello e Anita nella Fontana di Trevi sonorizzando lo spot della 500 Elettrica con il tema del film, nella versione cantata da Katyna Ranieri, una delle tante gemme inedite riscoperte dagli archivi CAM.
È proprio dal catalogo che arrivano le tracce che compongono Mastroianni 100, ora disponibile su tutte le piattaforme digitali.
Immagine di apertura: Marcello Mastroianni in Piazza Duomo, Milano, 1960.