Sulle orme di Carpi e Morricone

Fabio Massimo Capogrosso racconta il suo omaggio al Pinocchio di Carpi ne ‘Il tempo che ci vuole’ di Francesca Comencini e riflette sulla collaborazione con Marco Bellocchio.

Non capita a tutti di trovarsi sul red carpet del Festival del Cinema di Venezia a soli due anni dal debutto nel mondo del cinema. E capita ancora meno quando si è compositori di colonne sonore. Si potrebbe certo sostenere che Fabio Massimo Capogrosso sia un neofita della musica per immagini, ma sarebbe ingeneroso. Il compositore perugino, classe 1984, ha infatti la formazione del maestro e le intuizioni del veterano, come confermano le prestigiose collaborazioni siglate sin dal suo debutto musicale sul grande schermo nel 2022. Capogrosso è infatti entrato nel mondo del cinema dalla porta principale, firmando le musiche per l’acclamato lungometraggio di Marco Bellocchio Esterno Notte.

Come un altro storico collaboratore del regista, Ennio Morricone, anche Capogrosso ha trovato la sua dimensione nel cinema dopo una traiettoria creativa che ha visto nella formazione orchestrale il suo punto di partenza, nonché quello di forza. Proprio come il Maestro, diviso tra le ricerche del suo Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza e le colonne sonore, Capogrosso si destreggia in una costante tensione tra musica assoluta e settima arte.  

Il compositore è da poco reduce da Venezia, dove all’89esima mostra internazionale d’arte cinematografica sono state addirittura due le colonne sonore da lui firmate. Un lavoro che è stato riconosciuto anche dal prestigioso Soundtrack Stars Awards ricevuto al Lido nell’ambito del padiglione italiano alla Biennale Cinema.

Al Lido, Capogrosso ha confermato il sodalizio artistico con Bellocchio e con CAM Sugar (intrapreso con il suo Rapito), siglando le musiche dell’apprezzato cortometraggio Se posso permettermi. Capitolo II e, soprattutto, mettendo in musica la magia di Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini. 

Il film, attualmente nelle sale, tratta con toccante intimità biografica il rapporto tra un padre (Luigi Comencini) e una figlia (Francesca) appassionati di cinema tra gli stridenti contrasti generazionali degli Anni di Piombo. Nel film si rivive il set de Le avventure di Pinocchio, la serie RAI del 1972 con cui Luigi Comencini incantò l’Italia dagli schermi televisivi, portando l’escapismo e la magia della fiaba di Collodi in un momento buio e sanguinoso per la nazione. 

Nel sentito omaggio di Francesca all’opera culto del padre, non poteva mancare quello di Capogrosso ad uno degli elementi cardine del successo plurigenerazionale della serie: le musiche di Fiorenzo Carpi, appartenenti al catalogo CAM, che tanto hanno contribuito ad assegnare un suono al celebre burattino.

In bilico tra musica assoluta e l’arte popolare del cinema, tra il passato e il presente di CAM, il percorso di Fabio Massimo Capogrosso sembra così investito di una tensione speciale, che lo rendono una delle firme più prolifiche e interessanti del panorama contemporaneo. Ne abbiamo parlato insieme, raggiungendolo per un’intervista dopo le emozioni lagunari.

CAM Sugar Journal: Tra le musiche portate a Venezia in occasione della Biennale Cinema 2024 c’è la colonna sonora per ‘Il tempo che ci vuole’ di Francesca Comencini, da questa settimana disponibile su tutte le piattaforme digitali in concomitanza con l’uscita del film nelle sale. Francesca è figlia d’arte e al centro della pellicola c’è proprio un rapporto tra padre e figlia, entrambi devoti alla settima arte. Come hai approcciato la composizione delle musiche per raccontare questo sentimento?

Fabio Massimo Capogrosso: Ho approcciato questa colonna sonora con un sentimento di grande umiltà perché quando un artista ti propone un progetto così intimo, personale e coraggioso il mio sentimento è stato quello di ripagare con la mia arte la fiducia datami. 

Francesca è stata molto chiara su ciò che voleva e mi ha fatto capire che doveva emerge un clima di magia, ma al tempo stesso intimo e giocoso, specialmente quando [nel film] viene affrontato il set di ‘Pinocchio’. Per me è stata una grande opportunità lavorare a un progetto così intimo e personale, ringrazio Francesca per avere pensato a me. 

CSJ: Il Pinocchio di Luigi Comencini ha fatto la storia del cinema e della cultura popolare italiana, anche grazie alle celebri musiche di Fiorenzo Carpi proprio su CAM. L’omaggio all’opera di Carpi nella colonna sonora è stata una tua scelta o è nata in dialogo con Francesca? Su quali elementi si è concentrato l’omaggio?

FMC: L’omaggio a Fiorenzo Carpi è nato da una mia idea, che ho proposto a Francesca e che lei ha accettato con grande entusiasmo. Lei aveva bisogno di una musica per certi aspetti cacofonica durante le scene del set [di Pinocchio]. La grancassa e i piatti iniziali che si sentono sul brano “Il paese dei balocchi”, per esempio, sono stati una sua richiesta.

L’idea è poi stata quella di prendere due cellule lillipuziane, ma molto riconoscibili, del Pinocchio di Carpi, ovvero la terza minore e l’inciso che gli fa da risposta, e disseminarle per tutto il brano. Aldilà di queste citazioni è un brano complesso da un punto di vista orchestrale e contrappuntistico. Lo ritengo uno dei brani più rappresentativi della colonna sonora. Per me è stato importante perché permette di creare un ponte con un monumento della musica del passato come Fiorenzo. 

CSJ: La colonna sonora alterna momenti intimi e dolci ad altri più ermetici, in cui lavori di sottrazione. Questi ultimi, specialmente, evocano le atmosfere degli Anni di Piombo in cui è ambientato il film e non possono che portare alla mente, da un lato, alcuni dei tuoi precedenti lavori per Marco Bellocchio come ‘Esterno Notte’ ma anche una cifra Morriconiana, altro grande sodalizio musicale del regista. Come si è sviluppato il rapporto professionale con Bellocchio? 

FMC: Il rapporto con Marco Bellocchio si è sviluppato perché lui aveva ascoltato delle mie composizioni di musica assoluta, come le chiamava Morricone, e aveva trovato in esse una potenza e drammaticità che riteneva opportuno potessero funzionare bene su ‘Esterno Notte’. Quello è stato il mio battesimo come compositore di colonne sonore e lavorare con una persona che fa parte della storia del cinema, con uno sguardo e sensibilità uniche, è stato al tempo stesso un privilegio ed una grande responsabilità.

CSJ: Dopodichè è seguito il lavoro sull’altrettanto apprezzato ‘Rapito’, fino ad arrivare a Venezia con le musiche originali per ‘Se posso permettermi. Capitolo II’. Come è cambiato l’approccio alla composizione con un cortometraggio? 

FMC: Essendo ‘Se posso permettermi’ un corto a cui Bellocchio teneva molto, come spesso accade per questi progetti, c’era molta intimità. Si respirava quest’aria in fase di lavorazione e così è stato anche per me. Ho percepito un’atmosfera comica ma anche grottesca e di conseguenza ho lavorato a una musica scritta di getto. Gli è piaciuta molto.

CSJ: La centralità della tua opera nel panorama della musica per immagini contemporanea è stata riconosciuta in laguna ai Soundtrack Stars Awards. In un momento storico in cui spesso si opta per musiche di repertorio o in cui le ingerenze delle piattaforme di distribuzione possono limitare la libertà creativa delle musiche, come vedi il ruolo del compositore di colonne sonore nel contesto contemporaneo? Cosa dobbiamo e possiamo aspettarci dal futuro della professione?

FMC: Personalmente sto cercando di portare dei valori che da sempre animano la mia formazione di compositore, ovvero scrivere in solitudine ed avere un linguaggio riconoscibile. Sono contrario a musiche che vedono la collaborazione di molte persone nella stesura di una colonna sonora, perché ritengo che autenticità e sincerità siano le qualità più importanti per un artista. Credo che la musica debba essere il frutto di un pensiero unico, ma mi sento in dovere di ringraziare il mio fonico Goffredo Gibellini che ho sempre voluto al mio fianco perché mi dà la possibilità di realizzare cosa ho in testa.

CSJ: Un approccio alla composizione che ricorda nomi illustri del passato, come te a cavallo tra musica assoluta e cinema…

FMC: In questo per me Morricone è un modello, per via della sua formazione con lo studio della composizione, l’orchestrazione e il contrappunto. Sono cose dalle quali non si può prescindere. Ma potrei anche citare anche Bernard Herrmann, Franco Piersanti e Nicola Piovani: compositori di musica assoluta che hanno applicato i loro studi al cinema, scrivendo cose molto importanti. Questa è l’idea che sto cercando di portare avanti.

Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini è ora nelle sale, la colonna sonora di Fabio Massimo Capogrosso è disponibile su tutte le piattaforme digitali.

Immagine di apertura: Fabio Massimo Capogrosso è il compositore delle musiche originali di ‘Il tempo che ci vuole’ di Francesca Comencini e ‘Se posso permettermi. Capitolo II’ di Marco Bellocchio, entrambi presentati alla 89esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.