Esuberante malinconia: come la musica ha contribuito a definire il cinema dell’estate italiana

Federico De Feo

Dagli anni Cinquanta, la spiaggia e il viaggio hanno forgiato l’archetipo di un modo tutto italiano di raccontare il mito della vacanza. Tanto frenetiche quanto alienanti, da Il sorpasso a Travolti da un insolito destino… fino a Caro diario e Call Me By Your Name, le colonne sonore sono state cruciali nella rappresentazione di questo mondo.

​​Perché l’estate è così malinconica? Il suo vento di apparente rinnovamento si incastona nei nostri ricordi non lasciandoci mai. È il perenne binomio tra odio e amore di una stagione che sa mostrarsi nella sua piena lucentezza in cui anche l’ozio diventa piacere. Il suo passo lento, armonioso, estatico ci ammalia ma finisce per non farci più ricordare il sapore del mare. L’estate ha un fascino particolare, un mix di suoni ed emozioni contrastanti che possono essere difficili da descrivere. È una stagione di luce e calore, ma anche di introspezione e nostalgia.

Per il nostro paese l’arrivo della stagione estiva è sempre stato sinonimo di cambiamento e rinnovamento, e soprattutto agli inizi degli anni Cinquanta divenne la perfetta raffigurazione dell’Italia agli albori del boom economico. Le spiagge, così come le location esclusive che avrebbero segnato l’essenza di quella che successivamente verrà coniata con il titolo di: “estate italiana”, vennero prese d’assalto da ogni tipologia di ceto sociale definendo quello che sarebbe stato l’inizio di una nuova epoca apparentemente sognante. Il crescente ottimismo derivato da una situazione di benessere collettivo d’altro canto nascondeva le scorie di un paese ancora alla ricerca della propria identità. Il cinema italiano ne prese nota nel mettere a fuoco il suo ritratto dell’epoca.

Infatti la sua strutturazione che nel tempo è diventata sinonimo di stile nell’immaginario collettivo internazionale, coniando anche alcuni termini specifici come il dolce far niente, non sarebbe potuta esistere senza un racconto generazionale che ne avrebbe messo in mostra le molteplici sezioni, diventando documento di un’epoca che ancora oggi alimenta lo spettro onirico del paesaggio estivo nostrano.

Se la canzone cosiddetta popolare diede vita a un intero genere (e a concorsi a tema, come Un disco per l’estate) capace di raccontare gli amori, le sensazioni e gli odori dell’estate, l’esperienza cinematografica ha saputo forse più di tutti mostrare l’essenza e la continua evoluzione di un periodo dell’anno in cui tutto sembra apparentemente fermarsi, per ripartire verso nuovi lidi. Verso mete dove la speranza di un nuovo inizio incontra  la spensieratezza di un periodo della propria vita che sta per concludersi. Per narrare questi sviluppi emotivi e racconti generazionali, il cinema si avvalse proprio della musica.

I classici del genere come La famiglia passaguai (Aldo Fabrizi, 1951), La spiaggia (Alberto Lattuada, 1954), L’ombrellone (Dino Risi, 1965) o più introspettivi Il sorpasso e il reportage giornalistico La lunga strada di sabbia di Pier Paolo Pasolini e del fotografo Paolo di Paolo, a metà tra neorealismo e commedia all’italiana, mostravano dettagliatamente un’istantanea intima di una nazione che aveva appena iniziato a trasformarsi. Tracciando gli aspetti contrastanti di una società che si stava finalmente riprendendo dalla miseria del tempo di guerra, la musica composta così come quella edita, contrappuntava dettagliatamente le sensazioni che il sognante mondo estivo poteva ricreare e riscuotere in ogni singolo protagonista; sottolineando l’ardente bisogno di spensieratezza di quel preciso contesto storico.

Le profonde differenze sociali che questi film mettevano in mostra, analizzandone anche il processo umano rispetto ad una nuova condizione collettiva, facevano si che ogni elemento popolare diventasse il collante che solo la musica, insita nel suo contesto, poteva effettivamente raccontare.

L’estate per molti compositori come Riz Ortolani, Piero Piccioni, Piero Umiliani, Armando Trovajoli e lo stesso Ennio Morricone fu il modo per ricreare un soundscape estivo senza precedenti. 

Nonostante ogni litorale avesse le sue specifiche caratteristiche, con i classici suoni che accompagnavano lo scorrere dell’estate tra jukebox, schizzi e balli in spiaggia, la loro peculiare attenzione si concentrò perfettamente nel ricreare musicalmente sia la celata spensieratezza di un periodo topico dell’anno, che le sue continue incongruenze. I ritmi esotici e tropicali sincopati, il jazz che faceva da colonna sonora alla nascente Dolce Vita, mostravano una giovane Italia dove sembrava esserci spazio effettivamente per tutti. Ma la musica metteva in moto anche un processo sentimentale che solo il ricordo di un’estate fa poteva creare; quel senso infinito di malinconia per qualcosa di ormai passato difficile da riconquistare. 

Se in Amarcord Nino Rota aveva dato un assaggio di come un ricordo estivo, tra i balli spiati al Grand Hotel e l’arrivo del transatlantico Rex, potesse essere la diapositiva della fine di un’adolescenza e il ricordo indelebile di essa, oltre dieci anni prima furono questi compositori a delinearne uno stile che non sarebbe mai tramontato. 

Attraverso l’idillio del viaggio, antenato del film on the road, come metafora di cambiamento che spingeva molteplici italiani ad abbandonare la calura oziosa delle grandi città per spingersi verso un’estate di grandi speranze, ne seppero trasporre perfettamente lo spirito sonoro e musicale, trasportando lo spettatore in un tempo sospeso chiamato estate.

La raccolta Tropicale esplora le sonorità estive del cinema italiano negli anni della Dolce Vita.

Dal pattern ritmico di Ennio Morricone ne I malamondo che sembra mimare il caos di un bar di provincia, palcoscenico di una nuova generazione di dannati, allo strombazzare jazzistico di Riz Ortolani nel riprendere il sinuoso movimento della Lancia Aurelia B24 Convertibile di Bruno Cortona (Vittorio Gassmann) ne Il sorpasso: ogni aspetto si mostrava come lo spettro sonoro di una nuova Italia che correva ignara del pericolo. È proprio con Il sorpasso (1962) di Dino Risi, prima, e soprattutto Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974) di Lina Wertmüller, poi, che i film sotto l’ombrellone diventano manifesto di una nuova crisi sociale che il boom economico aveva causato trasportando erroneamente l’Hollywood sul Tevere nella stagione balneare.

Ad enfatizzare il tutto è la musica. Il dualismo perenne tra l’esuberante Bruno e l’introspettivo giovane Roberto (Jean-Louis Trintignant) rappresenta lo stile e l’attitudine alla vita di due differenti anime dell’Italia che si andava formando. Analogamente, l’eccitamento del rock ‘n roll e del twist, che si facevano largo nei juke-box delle spiagge e delle osterie dell’estate italiana, si scontrano con la musica composta, che enfatizza lo scenario psicologico ed il perenne domandarsi, nell’inebriante ozio estivo, cosa il domani avrebbe prospettato.

E lo stesso accade nello scontro sociale tra il marinaio Gennarino Carunchio (Giancarlo Giannini) e l’annoiata borghese Raffaella Pavone Lanzetti (Mariangela Melato) che si trasformerà in un’intensa ma effimera estate d’amore, con le musiche di Piero Piccioni – ora languide ora alienanti – a sottolineare volutamente il tutto.

Quello che avvenne successivamente agli anni Cinquanta determinò la formazione di un genere cinematgorafico che in ogni decade ha riscosso grande successo tra il pubblico e che ancora oggi rimane impresso anche tra i giovani cineasti, come dimostra il bellissimo esordio di Filippo Barbagallo con Troppo Azzurro

Dai classici degli anni ‘80 come Sapore di mare (1983) di Carlo Vanzina e Un sacco bello (1980) di Carlo Verdone e i successivi Caro diario (1993) di Nanni Moretti, così come il più internazionale Chiamami col tuo nome (2017) di Luca Guadagnino, l’estate rimane uno dei temi più gettonati del cinema italiano che ne traccia l’evoluzione sociologica, che senza la sua musica così rimembrante non avrebbe ottenuto lo stesso risultato. L’estate è ricordo, sentimento ed emozione, in continuo spazio sospeso.

Immagine di apertura: Sapore di Mare, Carlo Vanzina, 1980, frame da film.

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