Il giorno in cui Cannes si scoprì psichedelica

Lorenzo Ottone

In occasione del 50esimo anniversario di Le Planète Sauvage, riscopriamo la storia e l’eredità di un classico senza tempo del cinema e delle colonne sonore.

Il Festival di Cannes del 1973 cade in un momento peculiare per la Francia. Mentre dall’altra sponda delle Alpi l’Italia affinava le sue molotov e si preparava a un crescendo di tensioni sociali e violenza politica, la Francia – nella sua migliore tradizione rivoluzionaria – sembrava essere nuovamente, e silenziosamente, tornata alla calma. Dopo la stagione incendiaria del 1968, il Festival di Cannes del 1973 si svolge a pochi mesi dalle elezioni che, in seguito alla vittoria di Pierre Messmer, segnano il ritorno a una forma più tradizionale e conservatrice di gollismo. Per il Paese, tutti i tentativi di un rinnovato dialogo sociale promossi dall’ex capo di gabinetto e gollista di sinistra Jacques Chaban-Delmas sembravano essere stati spazzati via.

La kermesse cinematografica promette, infatti, di rispecchiare questa atmosfera da ancien régime. Uno dei film vincitori è The Hireling, opera drammatica britannica di Alan Bridges,  tratta da un romanzo del 1957 di L.P. Hartley, incentrata sulle vicende di un autista che si innamora della donna aristocratica che porta in giro.

Un dettaglio apparentemente insignificante che, tuttavia, cela un fil rouge con un altro film in corsa per la Palma d’Oro, ed anch’esso basato su un romanzo scritto nello stesso anno: Oms en série (Uomini in serire) di Stefan Wul. Un titolo che ai più non dirà nulla, a differenza del film le cui pagine ispirano: La Planète sauvage.

La Planète sauvage, 1973. Illustrazione originale di Roland Topor.

In trip sulla riviera francese

Se l’uno era un romanzo piuttosto tradizionale, l’altro era un viaggio fantascientifico su un pianeta abitato da alieni umanoidi che considerano gli uomini come loro animali. Un racconto piuttosto visionario e profondo che, all’inizio degli anni Settanta, sulla scia dell’emergere di nuove tematiche filosofiche, politiche ed etiche portate dalla controcultura, sembrava aver acquistato un nuovo significato o, forse, essere stato finalmente compreso. 

Il lavoro di animazione va di pari passo con le illustrazioni di Roland Topor che conquistano Cannes in un turbinio di toni trippy di blu e rosso, in quello che per la borghese ma libertina riviera francese è un risveglio psichedelico. Un risveglio che va di pari passo con un altro film altrettanto lisergico e divisivo: La montagna sacra di Alejandro Jodorowsky, anch’esso presentato in anteprima a Cannes. 

È senza dubbio anche grazie al tratto di Topor che il film si aggiudica il Premio Speciale della giuria, riconoscimento che si addice alla difficoltà di incasellare l’opera entro schemi precisi e consolidati. La Planète sauvage, infatti, non è il classico film d’animazione a cui il pubblico era abituato. Ne è prova la sua colonna sonora, composta da Alain Goraguer, non certo quella che ci si aspetterebbe da un cartone animato. 

Ricca di motivi psichedelici e di elettronica pionieristica, la colonna sonora è un manifesto della musica sperimentale francese a cavallo tra i due decenni e delle sue contaminazioni con generi e mondi altri. Musiche visionarie che, al pari del film di Laloux, hanno saputo è radicarsi nella cultura popolare come un pezzo d’avanguardia senza tempo, a differenza di molteplici colonne sonore ad esse contemporanee che sono esclusivamente legate al loro film o periodo di concepimento.

La Planète sauvage, 1973. Illustrazione originale di Roland Topor.

Il making-of di un culto

A riprova dell’unicità di queste composizioni è il fatto che Laloux si sia rifiutato di far lavorare Goraguer alla colonna sonora durante la realizzazione del film. Un processo totalmente in contrasto con la prassi dei film d’animazione per i quali, almeno in forma di demo, la musica viene registrata a monte, in modo che il flusso dei disegni possa essere modellato sul ritmo e sul tempo della partitura.

Nel caso de La Planète sauvage, Goraguer è stato in realtà ingaggiato poco prima del montaggio del film. Cinque anni di discussioni sull’opera con il regista risolti bruscamente in sole tre settimane.

“Sapevo che il progetto era in fase di produzione”, ha recentemente raccontato Goraguer, “e che aveva subito un milione di colpi di scena. Ma Laloux non si arrendeva, mi chiamava regolarmente per dirmi: ‘Inizierai a scrivere la musica in tre mesi!’ Ho sentito questo per cinque anni…Poi, un giorno dell’inverno del 1972-73, un’altra telefonata. Questa volta non c’era un secondo da perdere: il missaggio doveva iniziare due mesi dopo”. 

La Planète sauvage, 1973. Illustrazione originale di Roland Topor.

La colonna sonora più amata dall’Hip Hop

“Per me è un film per bambini… ma un film di cui non dovrebbero vergognarsi da adulti”, ha dichiarato una volta il regista Laloux. Le sue parole suonano oggi come un testamento, poiché nel corso degli anni il suo capolavoro ipnotico ha continuato a vivere, riscoperto generazione dopo generazione da artisti e musicisti che ne hanno fatto un punto di riferimento delle loro creazioni. 

L’hip hop, soprattutto, è il genere che più di altri ha contribuito a rivisitare e aggiornare l’eredità del film e della colonna sonora. Tutto inzia negli anni ’90, quando l’home video rende nuovamente accessibili chicche del cinema internazionale, di nicchia e apparentemente perdute. Ma è anche una stagione di riscoperta della cultura underground degli anni Sessanta e Settanta, non priva di nostalgia retromaniaca. Le colonne sonore della Blaxploitation iniziano a essere ampiamente saccheggiate e riadattate come sample per brani rap. Di conseguenza, anche la library music e le OST europee vivono una seconda primavera, spesso con una consapevolezza inesistente ai tempi delle loro uscite.

La Planète sauvage, 1973. Illustrazione originale di Roland Topor.

Se nel 1998 “Boomerang” di Big Pun è il primo brano a campionare l’opera di Goraguer, è soprattutto Madlib, un paio di anni più tardi, a consacrarla come punto fermo generazionale. Quando nel 2000 esce l’album The Unseen del suo side project Quasimoto, il pubblico è catturato dal loop magnetico di “Come On Feet”, brano basato proprio su un campionamento di “Le Bracelet”. Tutto l’album si impone, d’altronde, come una bibbia del sampling, trovando un posto di riguardo anche nella colonna sonora del popolare videogame Tony Hawk’s Underground, che non fa che accrescerne il sodalizio con la cultura giovanile. 

“Come On Feet” rappresenta più di una canzone, è l’inizio di una riscoperta. L’album nasce in un periodo in cui Madlib sperimenta con i funghi, dando vita a un’esperienza trippy e lisergica che rispecchia – anche nel video della canzone – l’iconografia mappata per la prima volta da Topor e che, quindi, promuove concettualmente l’intera opera come un nuovo classico.

La strada viene così tracciata per altre leggende del rap a venire, tra cui J Dilla, Mac Miller, Rick Ross, DJ Shadow, Run the Jewels, Flying Lotus e Hocus Pocus, che nel corso degli anni hanno tratto beat e ispirazione dalla colonna sonora. È impossibile non ricordare il ritratto di MF Doom accanto a un’illustrazione del film. Immagine che i familiari dell’artista hanno utilizzato per comunicarne sui social media la morte, sottolineando la rilevanza che il film francese e la sua colonna sonora hanno avuto sulla carriera del grande dell’hip hop.  

La Planète sauvage, 1973. Illustrazione originale di Roland Topor.

Un classico rinato

Tuttavia, l’eredità de La Planète sauvage si estende ben oltre l’Hip Hop, toccando la musica contemporanea con gruppi come Vanishing Twin e Stealing Sheep, che hanno contribuito e rielaborato la colonna sonora con il BBC Radiophonic Workshop, o case di moda come 404 Studio, che ha dedicato al film la sua collezione 2021 La Planète Est Sauvage, così come la capsule di Études per l’AW21. 

A riprova del fatto che la musica de La Planète sauvage è un tesoro in continuo divenire, è la recente scoperta di 7 inediti e 3 alt takes, un reperto d’archivio proveniente direttamente dai master originali della colonna sonora.

La Planète sauvage, 1973. Illustrazione originale di Roland Topor.

Per celebrare l’eccezionalità del ritrovamento e le 50 candeline dell’album, CAM Sugar ha dato alle stampe un’edizione speciale della OST che vede Patrick Goraguer, figlio di Alain, al lavoro su un nuovo mix. Il risultato è la prima e più completa edizione della colonna sonora mai realizzata. Quattro facciate di musica ipnotica e all’avanguardia che suona ancora sorprendentemente fresca come il giorno in cui è stata registrata per la prima volta.

La Planète sauvage (Remastered 2023) di Alain Goraguer è ora disponibile in Gatefold 2LP, CD e digital.  Lo potete trovare su camsugarmusic.com

Immagine di apertura: La Planète sauvage, 1973. Illustrazione originale di Roland Topor.